ABI Cerved Outlook Sofferenze Bancarie
Stima dei tassi di deterioramento delle società non finanziarie
L’Outlook Abi-Cerved 2022-24 è un report che le due istituzioni realizzano periodicamente sulle stime dei flussi dei nuovi crediti deteriorati delle imprese , con dettagli dimensionali, per settore e per area geografica.
L’estrema incertezza economica e le aspettative negative portano a stimare nel 2022 il primo aumento del tasso di deterioramento1 del credito dal 2012. L’aumento del flusso di nuovi crediti in default è spinto dal rallentamento economico della fine del 2022.
Il peggioramento della qualità del credito risente dell’indebolimento della domanda a cui si associa una cospicua spinta inflattiva delle commodities e del caro energia. Il costante innalzamento dei tassi d’interesse da parte della Banca Centrale Europea2 (BCE) incrementa il costo del debito per le imprese, e l’elevata incertezza generata dalla guerra tra Russia e Ucraina non permette una fisiologica e sana pianificazione aziendale.
La congiuntura economica si sviluppa in una fase in cui le misure di sostegno al credito adottate durante la pandemia, ormai scadute, sono state sostituite solo parzialmente da nuove misure a favore delle imprese. Tutte le aziende, che abbiano o meno beneficiato delle moratorie sui debiti e delle garanzie pubbliche sui nuovi prestiti3, si trovano ora a dover ripagare i debiti affrontando tassi d’interesse in costante aumento.
Nel 2022 i tassi di deterioramento delle aziende italiane aumentano, toccando il 2,3% (figura 1). Questo livello viene raggiunto stimando un valore medio del tasso di deterioramento nel secondo semestre pari al 2,52%, in crescita rispetto ai valori diffusi dalla Banca d’Italia relativi al primo semestre.
Nonostante il dato 2022 risulti significativamente inferiore rispetto al periodo pre-Covid (2,9% nel 2019), nel 2023 si prevede un incremento del tasso di deterioramento del credito alle imprese al 3,8%, un livello che non si raggiungeva dal 2017. Il dato è poi previsto in discesa nel 2024, al 3,4%. Nonostante la crescita attesa nel biennio 2023/24 il tasso di deterioramento del credito resta però ben lontano dai preoccupanti picchi registrati nel corso della crisi sovrana (7,5%nel 2012).
Nel 2022, solamente le microimprese aggravano il proprio tasso di deterioramento, trainando il peggioramento complessivo e anticipando il trend generale del 2023 e 2024. Al termine del periodo di previsione, ogni settore e classe dimensionale presenterà un tasso di deterioramento maggiore rispetto al 2022. Solo le costruzioni fanno registrare tassi di deterioramento minori rispetto al periodo pre-Covid del 2019, mentre a livello dimensionale le microimprese registrano il livello più alto di flussi di nuovi crediti in default.
La figura 2 mostra l’andamento del tasso di deterioramento per classe dimensionale e settore economico. Nel 2024, il tasso di deterioramento sarà superiore al 2019 per ogni classe dimensionale. A livello assoluto, il tasso di deterioramento più elevato verrà raggiunto dalle microimprese (3,6% nel 2024 vs 3,2% nel 2019). Sia In termini relativi che assoluti, il tasso di deterioramento crescerà maggiormente per le grandi imprese, che nel 2024 segnano un aumento di 1,3 punti percentuali rispetto al 2019 (2,7% nel 2024 vs 1,4% nel 2019); un aumento sostanzioso si riconoscerà anche per le medie imprese (+1,1 punti percentuali; 1,7% nel 2019 vs 2,9% del 2024). Le piccole imprese passano dal 2,1% del 2019 al 2,6% del 2024.
LE PREVISIONI PER IL 2023/2024
Le previsioni dei tassi di deterioramento nel biennio 2023/24 sono proiettate in funzione del clima di elevata incertezza economica. Il quadro economico è caratterizzato da aspettative negative, in parte connesse al rialzo dei tassi di interesse deciso dalla BCE nel tentativo di limitare il già gravoso elevato livello dei prezzi di energia e materie prime. D’altra parte, il prosieguo della guerra tra Russia e Ucraina e il correlato inasprimento delle relazioni internazionali rendono particolarmente complessa la pianificazione strategica da parte delle imprese.
L’insieme di questi fattori è accompagnato da una solo parziale sostituzione dele misure di sostegno al credito adottate durante la pandemia e ormai scadute; assenza che può incidere sulla solidità creditizia delle imprese più esposte al quadro di contesto. A contrasto, gli ingenti fondi del Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza (PNRR) e il raggiungimento di un tetto europeo comune al prezzo del petrolio potrebbero aiutare l’economia italiana.
Dopo la grande crescita del 6,7% registrata dal Pil nel 2021, si stima una crescita ridotta nel 2022, quando il Pil è previsto svilupparsi del 3,6% (tabella 10). Il calo nel ritmo di sviluppo dell’economia è legato alla riduzione degli investimenti (8,8% nel 2022 a fronte del 16,5% del 2021) e dei consumi. Rispetto a questo secondo aspetto, i consumi pubblici diminuiscono di due terzi nel confronto con il 2021 (0,5% nel 2022, 1,5% nel 2021) e quelli privati si attestano al 3,2% dal 5,2% del 2021, in sofferenza per l’elevata inflazione (8,2%). Lo scenario è previsto cambiare in maniera significativa nel 2023, con un Pil stagnante intorno a +0,2%. Se nel 2023 i consumi pubblici rimarranno infatti stabili allo 0,5%, si osserverà un peggioramento di tutte le altre componenti: Investimenti fissi lordi allo 0,4%, consumi privati a 0,6%, esportazioni 3,4%. Il Pil tornerà a crescere in maniera più sostenuta nel 2024 (+1,7%).
L’evoluzione futura del tasso di deterioramento risentirà così in maniera decisa della stagnazione economica legata al caro energia e all’inflazione rampante (nel 2023 è prevista al 6,5%), che potrebbe mettere in difficoltà molte attività economiche nel 2023. La congiuntura economica sfavorevole coincide, peraltro, con il phasing out dalle misure pubbliche di sostegno al credito. In questo periodo, le imprese che durante la pandemia hanno contratto prestiti usufruendo del fondo di garanzia per le PMI o fatto ricorso alle moratorie dovranno ripagare i debiti a fronte di un netto rialzo dei tassi di interesse.
Nel 2022 si stima infatti un aumento collettivo dei tassi, con i Bot che escono dal territorio negativo (da -0,46% del 2021 a 0,8% del 2022) e i Btp che aumentano di più del triplo (0,86% del 2021 vs 3% del 2022). Nel 2023 tutti i tassi di interesse sono previsti in chiara crescita, con i Bot che aumentano del 400% per portarsi su livelli simili ai Btp (rispettivamente 3,2% e 4%). Il tasso medio degli impieghi nel 2023 si attesta al 3,7%. A termine del periodo di previsione, i Bot raggiungo il 3,3%, i Btp il 3,9% e il tasso medio degli impieghi si attesta al 3,9%.
Lo scenario che risulta come conseguenza dell’insieme di tutti questi fattori prevede un deciso aumento dei nuovi crediti in default per le società non finanziarie (figura 1). Nel 2023 il tasso di deterioramento crescerà al 3,8% offrendo un incremento anno su anno di 1,5 punti percentuali, che non si vedeva dal 2012. Nel 2024 si osserverà una riduzione del tasso di deterioramento, che si attesterà comunque su un valore alto rispetto agli ultimi anni (3,4%), sebbene molto lontano dai picchi toccati durante la crisi sovrana.
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https://www.abi.it/Pagine/Mercati/Analisi/Scenario-e-previsioni/Outlook-ABI-Cerved-su-sofferenze-imprese.aspx